La scimmia

Osservo l’evoluzione di me stessa,
è buffo immaginarsi tra molto tempo,
almeno provarci,
pregi e difetti si susseguono,
avvicinandosi,
epoca condizionante il mio fare,
ribaltandosi,
condizione epocale del mio essere.

E rido.
Che ridere l’uomo!
Ma davvero sarò così?
Mi vestirò con tutti quei colori,
darò vita alla società e finirò per venirne travolta?

Ma l’altalena mi piace,
trascorro i miei alti e bassi vivendoli.
E mi sembra di sentirli,
esperienza fugace mista di vento e vertigine,
come fosse immediato passaggio tra Paradiso e Inferno,
troppo rapido per comprenderne la duplice natura,
troppo lento per non provarne le brezza.

Allora osservo.
Turista non pagante in contemplazione.

Ora mi muovo.
Su e giù,
avanti e indietro,
come la sabbia di una clessidra,
deserto in preda a finto e continuo rinnovamento,
immagine incessante del trascorrere forzato,
indirizzato da mano superiore,
come quella che mi sostiene nel mio volteggiare.

Poi mi fermo.
Esausta,
stanca di tutto questo pensare,
immaginare,
e torno nella mia dimensione meno faticosa di osservatrice,
meglio se a occhi chiusi,
sali e scendi,
sto meglio così,
agli altri il futuro, a me il presente.

Certo, ora le due cose coincidono,
ma faccio finta.
Così ricomincio ad immaginare.

E l’altalena si rianima nuovamente.

Simone Zoja